14 luglio – San Camillo de Lellis: da Torremaggiore un passo verso la santità



14 luglio – San Camillo de Lellis: da Torremaggiore un passo verso la santità

C’è un frammento di santità che ha sfiorato, anche solo per poco, le strade silenziose e le pietre antiche di Torremaggiore. È la storia di un uomo segnato dal dolore, dalla lotta interiore, ma chiamato a portare luce tra i malati e i morenti. Oggi, 14 luglio, la Chiesa celebra la memoria liturgica di San Camillo de Lellis, patrono degli ospedali, degli operatori sanitari e di tutti coloro che si chinano ogni giorno accanto alla sofferenza. E anche Torremaggiore, nel suo piccolo, custodisce un legame con questo gigante della carità.

Le ferite che diventano vocazione

Nato nel 1550 a Bucchianico, in Abruzzo, Camillo fu un giovane ribelle, soldato e giocatore d’azzardo. Ma Dio, che sa scrivere dritto anche sulle righe storte, fece delle sue ferite il punto di partenza per un cammino nuovo. Una piaga alla gamba lo accompagnò come un compagno silenzioso per tutta la vita, quasi un richiamo costante alla compassione verso il dolore degli altri.

Torremaggiore, luogo di passaggio e di svolta

Nel 1574, Camillo arrivò a Torremaggiore come novizio dei Frati Cappuccini. Era un uomo in cerca di senso, di redenzione, forse anche di silenzio. Ma il fisico, già debilitato, non resse alla durezza della vita conventuale. Dopo appena due mesi, i superiori dovettero congedarlo. La piaga alla gamba, che si aggravava, sembrava segnare l’ennesimo fallimento.

Eppure, fu proprio da Torremaggiore che Camillo ripartì, il 23 ottobre 1575, verso Roma. Non sapeva che quel passo, incerto e sofferente, sarebbe stato l’inizio della sua missione. Un cammino che lo avrebbe condotto nel cuore degli ospedali, accanto ai letti degli agonizzanti, a consolare gli scartati del mondo.

Il santo con il cuore in fiamme

A Roma, Camillo scoprì che l’amore non ha paura della piaga, del pus, della morte. Al contrario: vi si immerge con tenerezza. Fondò l’Ordine dei Ministri degli Infermi, i Camilliani, e introdusse una rivoluzione silenziosa: curare i malati non solo con le mani, ma con il cuore. La sua visione cristiana dell’assistenza si oppose all’indifferenza del tempo. Il suo tratto distintivo? Una croce rossa sul petto, simbolo di un amore pronto a donarsi fino all’ultimo respiro.

Fu ordinato sacerdote, e da allora la sua vita fu tutta un dono. Lo si vedeva nei campi di battaglia, tra i malati di peste, ovunque ci fosse un dolore da accogliere.

L’eredità che continua

San Camillo morì il 14 luglio 1614, a 64 anni. Ma non è morto il suo spirito, che ancora oggi ispira medici, infermieri, cappellani ospedalieri, volontari, militari e missionari sanitari. In un mondo sempre più tecnico, la sua figura ricorda che il malato è prima di tutto una persona, non un numero. È un fratello.

Una memoria da riscoprire

Torremaggiore non fu la meta, ma fu tappa provvidenziale. Un angolo d’Italia che, forse senza saperlo, vide camminare tra i suoi sentieri un uomo chiamato alla santità. Da qui Camillo ripartì, e oggi, nel giorno della sua memoria, possiamo dire con umiltà che anche noi, come città, siamo parte – seppur minima – della sua grande storia.

Una presenza breve, ma che ci lascia un’eredità: non c’è dolore inutile se si trasforma in amore. E anche nelle cadute, Dio prepara la salita.

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