Non sei di Torremaggiore se, almeno una volta nella vita, non hai fatto la salsa…

 






È un rito antico, quasi sacro, che attraversa i decenni e unisce le generazioni. Un vero e proprio patrimonio di gesti, profumi e parole tramandati nel tempo. Fare la salsa di pomodoro, ad agosto, non è solo una tradizione: è un’identità, un modo di essere, un’appartenenza.


A Torremaggiore, come in tanti paesi del Sud, la preparazione della salsa è uno di quei momenti in cui il tempo sembra fermarsi. Le famiglie si ritrovano nei cortili, nelle cantine, nei garage adattati per l’occasione. È una festa popolare che si rinnova ogni estate, con le sue regole non scritte, i suoi strumenti, e le sue figure immancabili: chi lava, chi taglia, chi gira, chi controlla il fuoco, chi racconta storie mentre mescola con il cucchiaio di legno.


Certo, oggi molti preferiscono acquistare la passata già pronta al supermercato: è più veloce, meno faticoso, spesso conveniente. Ma chi ha fatto la salsa in casa, almeno una volta, sa che non si tratta solo di un sugo per la pasta. È molto di più. È sudore e risate, mani sporche di rosso e profumo di basilico, bottiglie recuperate con cura e appoggiate una accanto all’altra come preziosi contenitori di memoria.


Il tutto comincia prestissimo, quando il sole è appena sorto e già si sentono i primi rumori nel vicinato: si accendono i fornelli a gas o i fuochi a legna, si sistemano i tavoli, si mettono in fila le cassette di pomodori, rossi e maturi al punto giusto.


Si parte dalla bollitura: i pomodori vengono messi a cuocere in grandi pentoloni, detti callare, finché non si ammorbidiscono. Poi si scolano e si lasciano riposare, avvolti da teli puliti. Dopo il raffreddamento, si passa alla spremitura: un passaggio magico, dove i semi e le bucce vengono separati dalla polpa, che cola abbondante in bacinelle larghe, pronta a diventare salsa.


Si aggiunge il sale, si mescola con pazienza. Ogni tanto una foglia di basilico, raccolta dall’orto o dal balcone, dona il profumo dell’estate. Le bottiglie, rigorosamente di vetro scuro, vengono riempite con cura, una a una. Dietro ogni bottiglia c’è un anno intero di raccolta, perché niente si butta: è la legge della casa.


L’ultimo atto è la sterilizzazione: le bottiglie vengono sistemate in grossi bidoni d’alluminio, avvolte tra panni e acqua, e bollite per ore, affinché il contenuto possa conservarsi per mesi.


E così, anche quest’anno, la salsa è fatta.


Non solo un alimento, ma un simbolo. Di famiglia, di appartenenza, di orgoglio torremaggiorese.


Buona salsa a tutti.





Commenti