Torremaggiore accoglie le Reliquie dei Martiri di Otranto: un dono di fede, memoria e speranza nel trentesimo anniversario della Chiesa Gesù Divino Lavoratore
C’è un
profumo di storia e di grazia che si diffonde tra le mura della Parrocchia Gesù
Divino Lavoratore di Torremaggiore. Dal 12 novembre 2025, la
comunità accoglierà un dono prezioso: le Reliquie dei Santi Martiri di
Otranto, gli ottocento testimoni della fede che nel 1480 preferirono la
morte al rinnegamento di Cristo. Un evento che non è solo religioso, ma
profondamente spirituale, che arriva proprio nell’anno in cui la chiesa celebra
trent’anni dalla sua dedicazione: un anniversario che profuma di
fedeltà, di memoria, di nuova linfa per la vita della comunità.
È suggestivo
pensare che le reliquie saranno collocate sotto l’altare, custodite dietro
un’icona dell’Agnello, simbolo di Cristo che si offre per amore
dell’umanità. Quel piccolo spazio, semplice e silenzioso, diventerà il cuore
pulsante della fede: l’Agnello e i Martiri, l’offerta di Cristo e quella dei
suoi discepoli, uniti in un unico abbraccio d’amore. È come se Dio volesse
ricordare che il sangue dei suoi figli non è stato versato invano, ma continua
a fecondare la terra della Chiesa.
C’è una
forza silenziosa nelle reliquie: sono la memoria che prega.
Gli Ottocento di Otranto: la fede che resiste
La loro
storia sembra uscita da una pagina di Vangelo, tanto è viva e attuale. È
l’estate del 1480. Una flotta di oltre duecento navi ottomane, guidata
dal pascià Gedik Ahmet, sbarca sulle coste del Salento. L’obiettivo è
conquistare Otranto, aprendo la strada verso Roma. Il popolo si prepara alla
difesa, armato più di fede che di spade. A guidarli c’è Francesco Zurlo,
mentre l’arcivescovo Stefano Pendinello invita tutti alla preghiera.
Per quindici
giorni resistono. Ma l’11 agosto, le mura cedono. La città cade. I
turchi irrompono nella cattedrale: l’arcivescovo viene ucciso davanti
all’altare, insieme ai sacerdoti e ai fedeli. Gli altri cittadini vengono
radunati e messi di fronte alla scelta più terribile: “Convertitevi
all’Islam o morite.”
Fu allora
che un artigiano, Antonio Primaldo, si alzò e rispose a nome di tutti:
“Crediamo in
Gesù Cristo, Figlio di Dio, e siamo pronti a morire per Lui.”
Quelle
parole cambiarono la storia. L’indomani, sul Colle della Minerva,
ottocento uomini furono decapitati. Ma il corpo di Primaldo, raccontano le
cronache, rimase in piedi senza testa, finché anche l’ultimo dei suoi
compagni non fu ucciso. Un segno che non poteva essere spiegato, se non con la
forza di Dio.
Quando un
anno dopo le truppe cristiane riconquistarono Otranto, i corpi dei martiri
furono trovati incorruttibili, e il luogo del martirio divenne
santuario. Da allora, quegli ottocento nomi – anche se non conosciuti
singolarmente – sono scritti nel cuore della Chiesa. Papa Francesco, nel
proclamarli santi nel 2013, disse:
“I Martiri
di Otranto ci ricordano che la fede e l’amore prevalgono sempre sulla violenza
e sull’odio.”
Il sangue
dei martiri è il seme di una Chiesa che non muore mai.
Un anniversario che parla al cuore
Quest’anno,
la comunità di Gesù Divino Lavoratore si raccoglie attorno al suo altare
con un sentimento profondo: gratitudine. Trent’anni di cammino, di
messe, di canti, di mani che hanno costruito, pulito, pregato, accolto. Trent’anni
di luce e di comunione. E ora, come un sigillo, arrivano i Martiri di Otranto,
a ricordare che ogni chiesa è viva solo se il cuore batte di fede vera.
In un tempo
in cui la fede sembra affievolirsi, la loro testimonianza diventa invito a
riscoprire l’essenziale. Non servono grandi gesti, ma un “sì” quotidiano,
coerente, capace di restare saldo anche quando il vento del mondo soffia forte.
Come quei martiri, che hanno fatto della loro morte un inno di libertà, oggi
ogni credente è chiamato a fare della propria vita una testimonianza di amore
fedele.
L’Agnello e
i Martiri: due offerte, un solo Amore.
Un messaggio per Torremaggiore
L’arrivo
delle reliquie non è solo un evento da ricordare, ma un segno di speranza
per il futuro. Saranno lì, sotto l’altare, a dire silenziosamente a ogni
fedele che entra: “Resta fedele, anche quando costa.”
Ogni volta che si celebrerà la Messa, ogni volta che un bambino riceverà il
battesimo, ogni volta che qualcuno troverà conforto nella preghiera, sarà come
se anche quei Martiri partecipassero, invisibili ma presenti, a quella liturgia
d’amore.
E allora, il
trentesimo anniversario della Chiesa non sarà solo una ricorrenza, ma un nuovo
inizio. Perché la fede, quando è vera, non si consuma con gli anni: si rinnova,
come un fuoco che non smette di ardere.
Ogni
reliquia è una carezza del cielo sulla fragilità della terra.
Chi crede non teme: Cristo è più forte della morte.





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