Quando Torremaggiore salvò la Coppa del Mondo

 







Una storia di silenzio, coraggio e dignità

Ci sono pagine di storia che non fanno rumore. Non cercano applausi, non chiedono riconoscimenti. Eppure tengono in piedi il mondo.

Una di queste pagine passa da Torremaggiore, e profuma di coraggio discreto, di responsabilità vissuta fino in fondo, di amore autentico per ciò che conta davvero.

È il 1942. L’Europa è piegata dalla guerra, il buio della Seconda guerra mondiale si allunga anche sullo sport. La Coppa Rimet, primo e storico trofeo dei Mondiali di calcio, è in pericolo: Adolf Hitler ne chiede il trasferimento in Germania. Il rischio che venga requisita dai nazisti è reale.

In quel momento entra in scena un uomo che sceglie il dovere al posto della paura: Ottorino Barassi, allora segretario della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

La sua decisione è semplice e insieme straordinaria: sottrarre la Coppa ai controlli e nasconderla. Non in una cassaforte, non in un luogo solenne. Ma in una casa. In famiglia. A Torremaggiore.

Qui entra in silenzio una figura che la storia ufficiale ha a lungo ignorato: zia Lisetta, donna forte, concreta, riservata. È lei a custodire per anni il trofeo, nascosto in una scatola sotto un letto. Nessuna retorica. Solo vigilanza, prudenza e senso del dovere. Così, uno dei simboli più grandi dello sport mondiale viene salvato senza proclami, senza clamore, senza titoli sui giornali.

Per anni la Coppa Rimet resta lì, protetta dall’anonimato di una comunità che, forse senza saperlo, stava difendendo un pezzo di storia universale. E quando la guerra finisce, quel trofeo può tornare a rappresentare il calcio mondiale grazie a una scelta fatta nel silenzio.

È una storia poco conosciuta, ma enorme. Una storia che lega Torremaggiore a uno degli episodi più affascinanti del Novecento sportivo e che ci ricorda come, anche nei tempi più bui, il bene venga spesso compiuto lontano dai riflettori.

Un ringraziamento sentito va a Giorgio Barassi, che ha riportato alla luce questo racconto di coraggio e memoria.

E sono parole che meritano attenzione quelle del sindaco Emilio Di Pumpo, che ha annunciato la volontà dell’Amministrazione comunale di valutare l’intitolazione di una strada cittadina a Ottorino Barassi.

Sarebbe un gesto giusto. Perché la memoria non è solo ricordo: è riconoscenza. E Torremaggiore, ancora una volta, dimostra di saper custodire ciò che vale.


Commenti