Quella notte in cui Gesù Bambino scese tra le braccia di Padre Pio






              





(un racconto che la memoria custodisce)

Era la notte di Natale del 1922.
A San Giovanni Rotondo il freddo era pungente e il convento dei Cappuccini avvolto da un silenzio profondo, rotto solo dai passi di chi attendeva la Veglia di mezzanotte.

Lucia Iadanza, figlia spirituale di Padre Pio, si trovava nel corridoio, vicino a una stufa accesa. Non c’erano folle, né clamori. Solo attesa. Solo fede.

Fu allora che dal buio emerse Padre Pio.
Ma non il frate provato dalla sofferenza. Il suo volto era luminoso, trasfigurato, come se una gioia soprannaturale lo avesse attraversato. Tra le braccia stringeva un Bambino.

Non una statuina.
Un Bambino vivo. Gesù Bambino.

Sorrideva, accarezzava il volto del frate. Padre Pio lo teneva stretto come si tiene ciò che non si può spiegare, ma solo custodire. Quando si accorse della presenza di Lucia, non parlò. Portò l’indice alle labbra, chiedendo silenzio. Poi continuò il suo cammino verso la chiesa.

Negli anni, altri testimoni raccontarono scene simili. Durante la processione della Notte di Natale, Padre Pio non portava un’immagine: portava una Presenza. Le braccia tremavano, il volto si rigava di lacrime. Per lui il tempo si annullava. Era Betlemme, non il Gargano.

Chiamava Gesù con nomi semplici e teneri:
“il pargoletto”,
“il dolcissimo Gesù”,
“il Bambino rosa”.

Per Padre Pio il Natale era questo: la tenerezza di Dio che si fa piccola, così piccola da farsi prendere in braccio.

Oggi, questo racconto continua a vivere.
Vive nei libri, nelle testimonianze, nella voce di chi lo tramanda, che non inventa il Mistero, ma lo ricorda, lo ordina, lo restituisce. Come una memoria scritta che, con rispetto, aiuta a non perdere ciò che conta.

La statuina che Padre Pio stringeva al petto è ancora custodita nel santuario. È lì a ricordare che il Natale non è una favola, ma un incontro possibile. Ieri come oggi.

E forse, anche leggendo queste righe, qualcuno potrà sentire che quel Bambino passa ancora. In silenzio. E chiede solo di essere accolto.



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